Vecchi vegetali

Vecchi vegetali

Vecchi vegetali

La madre l’aveva inviato dalla verduraia. Aveva accettato malvolentieri. La verduraia gli stava sulle palle sin da quando era un bambino. La sua voce poi era qualcosa di massacrante per i timpani, stridula, acida, con quell’inflessione nasale che la rendeva disgustosa. Oltretutto urlava. Dio quanto non sopportava la verduraia. Sapeva tutto di tutti. Sapeva tutto di tutti ma tutti sapevano che il marito ci dava dentro e, con estrema soddisfazione del giovane, quel dentro non era della verduraia. Si diceva che fosse innamoratissima del marito ma che quest’ultimo, infermiere, fosse più interessato alle corsie dell’ospedale, o meglio, ai letti delle corsie dell’ospedale, o più precisamente, alle infermiere nei letti dell’ospedale. Sicuramente quel suo urlare era una conseguenza, una reazione istintiva per un marito fedifrago.
Come palliativo cercava rifugio nelle disgrazie altrui, s’informava, chiedeva, spettegolava sulle anime del paese. Mentre il marito scaldava il ventre delle crocerossine, lei si crogiolava sulla vita degli altri e le loro misere esistenze. Un eroe. Per il giovane, il marito infermiere era un eroe che infliggeva la giusta punizione a quella donna meschina. 

Quando entrò nel negozio si accorse che la storia di un Dio nell’alto dei cieli poteva avere delle basi di verità: al posto della verduraia c’era comunque una verduraia ma non la stessa cornuta gracchiante che aveva sempre visto. Si trovò di fronte una donna dalle labbra vermiglie e dal seno pronunciato messo in pompa magna da un’ampia scollatura. Rimase imbambolato.

Ruppe l’atmosfera la richiesta di Gino Currotto , tabacchino storico del paese. Gino aveva passato gli ottanta e quando il nipote socio si era reso conto che lo zio aveva iniziato a dare resti a cazzo, a causa di un principio di demenza, l’aveva costretto al ritiro. Leggende campestri dicevano che Gino fosse stato uno dei più grandi chiavatori del circondario. Si parlava di cifre a tre zeri. Ora, di stronzate in paese ne giravano, ma su Gino si era tutti d’accordo. Il suo arnese aveva lavorato sodo per una vita intera senza mai fermarsi o sprecare una goccia. Il tabacchi l’aveva aiutato a conoscere donne di ogni specie ma in tutto questo sbattere di ali, l’uccello del signor Gino non aveva mai nidificato. Si ritrovava ottuagenario senza figli e con un nipote che l’aveva spedito a pedate fuori dal suo amato tabacchi.

"Si trovò di fronte una donna dalle labbra vermiglie e dal seno pronunciato messo in pompa magna da un’ampia scollatura. Rimase imbambolato."

Tornando a noi, Gino Currotto se ne stava seduto di fianco al banco della verduraia quando vide entrare il ragazzo: «Ma tan’cì e fiòl ad Luigi te? Fàt bastardàz cà cì diventé. Mò t’ha la iè la burdèla o sìt un fnòc come è tu bà?»* chiese. 

Il giovane si girò verso Gino ma non disse nulla, scosse solo la testa con aria spaesata. Poi tornò a guardare la prorompente verduraia. Chi era sto pezzo da novanta che maneggiava zucchini? Si destò come da un sogno e impacciato elencò la spesa: 2 pomodori, un limone e del sedano. 

La giovenca sistemò i ricci capelli e prese 2 pomodori dal cesto, se li passò sul seno, sorrise e mise sulla bilancia. Prese un cespo di sedano, lo avvicinò all’inguine, se lo strusciò dolcemente, sorrise e mise sulla bilancia. 

Era confuso ma al contempo inebriato dai gesti incomprensibili della donna. Alla confusione seguì un’erezione per cui si mise le mani in tasca a mascherare il disagio e soprattutto per evitare che Gino, nonostante il suo rincoglionimento, se ne accorgesse. Infine la donna prese un limone, lo avvicinò alle grandi labbra pittate e mise l’estremità in bocca con fare provocante. Guardò intensamente il ragazzo con la bocca riempita dall’agrume, dopodichè estrasse l’oggetto madido di saliva. 

Pesò pure quello: «Fan 10mila lire», si girò ed entrò nel retrobottega. 

A quel punto Gino che aveva assistito comodamente seduto a tutto il siparietto, si alzò, passò vicino al giovane e con l’alito che sapeva di morte disse: «Tè, par me, ci un fnoch come e tu bà»**. 

Scostò il ragazzo e si infilò nel retrobottega. 

*Ma non sei il figlio di Luigi ? Come sei diventato grande. Ma hai la ragazza o non interessa il genere come a tuo padre?
**Tu per me sei finocchio come tuo padre.

di Evangelista