NUMERO 17
NUMERO 17
In qualsiasi bar anche la briscola più pacifica può sfociare nella partita più violenta; è sufficiente una parola di troppo o un asso giocato male ed è subito bagarre.
Tu sei lì che sorseggi il tuo caffè ed ecco che ti ritrovi catapultato nel Montana, in un duello stile vecchio west. Sguardi torvi che scrutano l'avversario dietro la tesa del cappello (rigorosamente Borsalino), carte che schioccano sul tavolo come pallottole di colt a 6 colpi e imprecazioni degne dei più fottuti messicani animano la scena.
L'atmosfera, densa di sigarette lasciate fumare nei posaceneri, si accende quando tra il pubblico intorno al tavolo entra in gioco l'umarell "so tutto io", nelle vesti dello sceriffo, che commenta qual era la giocata giusta da fare.
Ed è lì che il terzo incomodo, il giudice travestito da paciere, complica il tutto trasformando un infantile scontro tra cowboy e indiani in una guerra fredda tra americani e russi, con vecchi alleati e nuovi nemici.
Una nuova partita che mette sul tavolo, oltre alle carte bisunte, antiche ruggini e disaccordi politico/calcistici, in un conflitto post atomico che troverà tregua solo davanti ad "un bianchino alla spina da due euro, grazie".